Osservatorio remote work con Luca Tamburrino

Ciao! Sai quali sono i numeri e le statistiche del remote work?

Se la tua risposta è no non preoccuparti.

Abbiamo chiesto a Luca Tamburrino, Lead, Global Product Solutions ed Hr Expert di una delle maggiori aziende Tech, di raccontarci i dati sul remote work e darci un Overview generale del lavoro da remoto in Italia e nel mondo.

Di seguito ti lasciamo l’intervista completa. Buona lettura!

  1. Ci racconti la tua storia/esperienza di remote work? 

Tutto è nato da una mia estrema curiosità per quello che succedeva, già nel 2017 in Asia dove erano nate le prime forme di remote working nei coworking.. 

Ai tempi mi occupavo – tramite una startup che avevo creato – di E-Learning per HR e varie professioni digitali.  Avevo individuato uno spazio di co-working ad Ubud (“Hubud: coworking community space”, che ha chiuso purtroppo durante la pandemia) e avevo deciso di usarlo come base rispetto al mio obiettivo iniziale : l’idea che mi ha mosso ai tempi era quella di unire all’esperienza del viaggio, l’esperienza lavorativa, potendo quindi conoscere ed esplorare l’Asia, portando avanti i miei progetti professionali.

Ero inoltre molto affascinato dalla cultura asiatica e volevo approfondire e capire le loro peculiarità e abitudini, come venisse gestita la realtà lavorativa e sperimentare la vita di lavoro da remoto.

E’ stata un’esperienza bellissima perché ho avuto modo di conoscere persone di diversi paesi: americani, nord europei, neozelandesi che avevano già da diversi anni iniziato a lavorare così.

La prima forma di coworking a favore del nomadismo digitale nasce infatti nel 1991 in Germania a Berlino. 

Personalmente ho girato diversi paesi grazie a questa modalità dal 2017 ad oggi. In varie fasi ed evoluzioni. 

Quello che ho sperimentato e che ritengo fondamentale è avere un touchpoint in loco che ti permetta di fare networking, conoscere persone coi tuoi stessi interessi o interessi complementari che ti permettano di creare opportunità e relazioni. 

Per questo Creative Harbour è un’esperienza che abilita anche chi non è un remote worker “esperto” e si approccia per la prima volta a questo tipo di esperienza: fornisce punto di riferimento  in loco e una community a supporto.

  1. Quale è lo scenario ad oggi sul tema remote work?

E’ uno scenario in movimento su cui è difficile avere dati definitivi perchè viviamo in un nuovo mondo del Lavoro che ha 3 anni di vita.  Secondo le ultime statistiche worldwide aggiornate al 2023 (fonte Findstack, clicca qui per i dettagli):

  • Il 16% delle aziende nel mondo è remoto al 100%
  • Il 44% delle aziende non consente il lavoro da remoto
  • Un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata è il motivo principale per cui le persone scelgono di lavorare da remoto.
  • Il 77% dei telelavoratori afferma di essere più produttivo quando lavora da casa.
  • L’85% dei manager ritiene che avere team con lavoratori remoti diventerà la nuova norma
  • Il 74% dei lavoratori afferma che avere la possibilità di lavorare in remoto li renderebbe meno propensi a lasciare un’azienda

C’è molto spazio di manovra per cogliere questa opportunità, soprattutto in Italia, ma molte aziende si bloccano davanti ad aspetti legali/fiscali.

Dal punto di vista dell’azienda che vuole assumere talenti in altri paesi e permettere loro di lavorare da remoto, ci sono diverse piattaforme che attivano contratti per remote workers.

Sono 20 le piattaforme principali di Global HR & Payroll. Quelle più importanti sono Deel, Remote.com, Oyster, Globalization partners e Boundless.

Se per esempio, la sede legale della mia azienda è in Italia e voglio assumere un talento in Spagna, dandogli la possibilità di lavorare da lì lo posso fare utilizzando queste piattaforme.

Lato hiring/recruiting questo apre ad un bacino di talenti da cui attingere molto più ampio di quello che avrei limitatamente al mio paese di riferimento.

Lo stesso potremmo dire per una azienda americana alla ricerca di Developer per esempio. Potrebbero assumere Developer Italiani o di un altro paese fuori USA grazie a questa modalità. 

Dal punto di vista dei candidati, negli ultimi 2 anni abbiamo visto un notevole incremento delle offerte di lavoro ibrido/da remoto anche se in generale non è sempre ben chiaro il tipo di flessibilità offerta. C’è stata ed esiste una grande confusione nel far comprendere che cos’è il lavoro da remoto anche in termini di job Posting. La verità è che il Lavoro da Remoto si divide in 2 diverse forme ed ad oggi abbiamo 3 modalità di lavoro:

  • in ufficio 
  • flessibile, dove l’azienda insieme al dipendente decide quanti giorni è possibile lavorare da remoto e quanti in ufficio
  • da remoto, che a sua volta si distingue in:
    • lavorare da remoto “from anywhere”, senza vincoli
    • lavorare da remoto o a casa (il che è paradossale, in quanto si parla di telelavoro!) o da altri luoghi ma sempre e solo nel paese/città della sede legale dell’azienda di riferimento 

Credo che ci vuole tempo per far sedimentare nella cultura italiana questa trasformazione ma in generale il suggerimento è quello di migliorare la qualità delle offerte.

Far comprendere quali sono le 3 forme scelte ed opzionabili. Il lavoro, in generale, si è evoluto in una forma soggettiva e non è più oggettiva come in precedenza.

Le aziende che ad oggi offrono più opzioni (Flex, Hybrid, Remote Only) hanno un vantaggio competitivo rispetto ad altre.

Se offro più opzioni possibili e flessibili, più persone riuscirò ad attrarre e solo successivamente come azienda potrò creare una soluzione ad hoc per ogni specifica persona che fa parte della mia realtà aziendale. 

Ad oggi tuttavia stiamo vedendo una sorta di inversione di marcia: c’è stato una decrescita del 12% sulle offerte di lavoro da remoto in generale su tutte le varie piattaforme ma il sentimento più grande da parte di chi ricerca è sempre quello legato a lavori che offrono la possibilità di essere flessibili. .

E’ complesso andare a capire cosa accadrà nei prossimi mesi, perchè non è un semplice cambiamento di cultura aziendale. Parliamo di un cambiamento sociale. Di come viviamo in un determinato paese e città. E di come potrebbero cambiare le nostre vite, relazioni sociali, crescita professionale in base alle varie forme di lavoro. 

E’ un tema complesso, che però va affrontato. E’ molto difficile per un’azienda prevedere una forma che vada bene per tutti.

Il mio suggerimento è quello di disegnare un framework flessibile come nel caso per esempio di Growens (leggi l’articolo completo qui) che prevede che tutti i team di tutte le Business Unit possano scegliere, in base a obiettivi, task, etc., il proprio modo di lavorare:

  • in ufficio
  • da casa 
  • in qualsiasi altro luogo

Sicuramente a livello di attraction e recruiting se offri più possibilità e flessibilità sei avvantaggiato rispetto ai competitor. 

  1. Quali sono i profili professionali che possono lavorare con più facilità in remote work?

Provando a sintetizzare per categorie professionali direi:

  1. Tutti i profili del mondo IT / Tech: Full Stack, Front-end, Back-End, Software Engineering sono sempre quelli più interessati e facilitati dalle varie forme del lavoro da remoto. 
  1. Il mondo Sales, al secondo posto: account manager e business developer. Questa è una novità del 2020:  oggi è possibile prevedere l’espansione commerciale di un’azienda anche senza aprire una nuova sede fisica ma solo assumendo, full remote, una figura sales che può spostarsi sul territorio di interesse. Molte start-up del Nord Europa (Svezia e Finlandia in particolar modo) hanno questo modello verosimilmente dal 2017. Whereby è stata una delle prime insieme a Slush. 
  1. L’area del Design: UX, UI, Product Design, etc. Tutti i profili che per peculiarità delle attività possono tranquillamente lavorare da remoto.
  1. Lo stesso vale per tutti i profili dell’area Marketing: social media manager, marketing manager, etc.
  1. Che differenze noti, dal tuo osservatorio privilegiato, tra Italia ed Estero?

Ad oggi non c’è un dato a livello globale che può confermare quale è la differenza tra l’Italia e gli altri paesi, però è sicuramente è importante condividere la reazione dei governi sul tema:

  • Olanda, Irlanda, Germania, UK sono stati tra i primi a livello di legge a permettere il lavoro da remoto. E ovviamente le aziende di questi stati sono agevolate nel predisporre contratti che prevedono la flessibilità come standard.
  • Questo non vale per l’Italia perché il decreto dello smart working (a cui tra l’altro sarebbe utile cambiare il nome…!) è ad oggi in revisione, soggetto a continue modifiche.

Quindi vediamo 2 interlocutori chiave con 2 livelli di responsabilità specifici:

  • I governi, in termini di legge, per creare condizioni favorevoli
  • Le aziende, a livello culturale e di intenzione, nell’abbracciare il cambiamento. Per chi se lo stesse chiedendo, vi confermo che è possibile prevedere la flessibilità anche se il governo italiano non lo agevola in termini di leggi!

Di certo quello che mi sento di dire è che, a tendere, cambierà la geografia del mercato del lavoro in modo importante. L’aspetto curioso è che non sappiamo come e cosa accadrà sopratutto in un momento di recessione, inflazione e problematiche nel mondo del Tech ed investimenti verso Startup.

Ma il Remoto è una nuova forma che non sarà più per pochi, ma per tanti.

Le aziende, allo stessso tempo,  potranno aprire la loro sede legale in un solo mercato ma essere presenti in svariati paesi a livello di espansione di business grazie a piattaforme come Deel con un contenimento dei costi e una capillarità capace di dare vantaggio competitivo.

Grazie mille per aver letto l’intervista!

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A presto.

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