In questo articolo, presentiamo l’intervista con Enrica Lipari, People and Culture Director di Growens.
La sua posizione ricopre un ruolo chiave nello sviluppo e nella gestione delle risorse umane e della cultura aziendale dell’azienda, in particolare in relazione all’evoluzione del lavoro e alle pratiche adottate in merito al lavoro da remoto.
Nell’intervista, discuteremo dell’adozione del lavoro a distanza nell’azienda, dell’evoluzione delle pratiche aziendali in questo senso e dei consigli per chi lavora da remoto.
Speriamo che questa intervista con Enrica Lipari possa fornire una prospettiva interessante e utile su come aziende come Growens stanno affrontando l’evoluzione del mondo lavoro e su come gestire al meglio il lavoro il lavoro da remoto.
Come è evoluto e sta evolvendo il mondo del lavoro dal tuo punto di vista?
Quando penso in modo evolutivo trovo molto utile il riferimento alla “vasca da bagno di Taylor”, qui – passando in rassegna la storia dalla rivoluzione industriale a quella digitale – si realizza come il mondo del lavoro sia “tornato alle origini”, al periodo in cui l’approccio era artigianale, non vi era una separazione tra chi pensava e chi faceva, e aveva estremo valore la personalizzazione e l’invenzione.
Oggi parliamo di innovazione per raccontare le stesse dinamiche che però, su scala globale, trovano luogo in un contesto estremamente più complesso.
L’artigiano si focalizzava sulla qualità e la maestria, sulla validazione euristica e sulla sostenibilità (di un lavoro che si svolgeva presso “casa”).
Il digital worker fa lo stesso, ma la sua casa è il mondo intero.
Che policy smart / remote working avete in Growens e come mai avete deciso di applicarla?
Lo scorso anno è nato il Growens Way of Working (WoW), un manifesto che stabilisce le regole di base per lo smart working del Gruppo, trasformando l’esperienza temporanea del remote-first pandemico in un elemento culturale e strutturale, guidato da una specifica visione organizzativa.
Con WoW, tutti i team di tutte le Business Unit possono scegliere il proprio modo di lavorare:
- in ufficio
- da casa
- in qualsiasi altro luogo
Non sono scelte permanenti e mutuamente esclusive, ma formano una serie di possibilità da combinare in base a cosa funziona meglio per ogni persona e per ogni team, nel rispetto delle esigenze di uno specifico momento di vita personale e professionale.
Ci racconti le pratiche che utilizzate in Growens per lavorare da remoto?
L’approccio ibrido segna e caratterizza ogni fase della nostra catena del valore, guardando all’employee experience: dall’hiring, all’onboarding, al performance management, al learning, e così via.
Le nostre Business Unit elaborano delle strategie annuali che guidano i piani operativi di ciascun team, consentendogli di definire obiettivi e risultati chiave da verificare per il raggiungimento degli obiettivi, che sono condivisi e visibili a tutti sempre. Questo, insieme ad una governance piuttosto snella, ma fondata sul miglioramento continuo (review, retrospettiva, plan), e alla trasparenza del contributo e impatto di tutti, (abilitata dalla pratica di visualizzazione delle attività) illumina costantemente il percorso ed evita che qualcuno possa perdersi in angoli bui e solitari.
Nel nostro team, per esempio, in considerazione del fatto che siamo distribuiti con persone fisse da casa, da altri uffici o anche che scelgono flessibilmente da dove lavorare, abbiamo diverse routine che abilitano l’allineamento e il coinvolgimento continuo in modalità ibrida:
- innanzitutto ogni giorno abbiamo un placeholder di 15min al mattino per un “coffee”, la partecipazione qui è volontaria e i temi di conversazione sono i più svariati, in alcuni momenti dell’anno diventa un momento di checkin alla giornata davvero indispensabile
- settimanalmente poi abbiamo 1to1 e meeting di team di 45min, questi diventano momenti di sync funzionali alla prioritizzazione e/o indirizzamento di eventuali urgenze occorse sulla pianificazione dello sprint
- mensilmente abbiamo il Planning, anche questo di 45min, nel corso del quale rivediamo le attività concluse nel corso dello sprint precedente e prioritizziamo il mese seguente riadattando la pianificazione
- trimestralmente ci riuniamo in 3 giorni di Retreat (a rotazione in uno dei nostri uffici nel mondo) nel corso del quale abbiamo una serie di eventi, funzionali sia a iterare in un ciclo di review, retrospettiva, planning, sia a trascorrere del tempo insieme, arricchendo le nostre memorie di momenti di convivialità e alimentando quindi il senso di appartenenza.
Queste sono alcune delle pratiche utilizzate da P&C, in Growens poi ognuno è autonomo di sperimentare la propria “ricetta perfetta” in base a circostanze e obiettivi.
Quali sono i tool utili che utilizzate in Growens per rendere il lavoro da remoto più efficace?
A supporto di un modo di lavorare estremamente collaborativo siamo supportati da Google Workspace, cui sono integrati sia sistemi di gestione del lavoro (es. Jira, Trello), sia piattaforme di comunicazione diverse a seconda di target, scopi e modalità (es. Slack per la messaggistica, Confluence come repository di info/policy/pratiche, Miro per la facilitazione, Demio per i webinar).
Non da ultime, utilizziamo in modo integrato le nostre stesse piattaforme, tra cui MailUp per la gestione delle comunicazioni via email e BEE per la costruzione di template di comunicazione a seconda dei diversi processi e target.
Quali sono secondo te i vantaggi di lavorare in modo smart?
Per le persone, come mezzo di Caring e Trust, per migliorare il bilanciamento vita/lavoro, ottimizzare la produttività, incentivare una scelta attiva (e non passiva/obbligatoria) di spazi, modalità e tempi di lavoro
Per il business, per rispondere con prontezza e fluidità al mutare delle circostanze esterne, garantendo continuità ai flussi operativi anche in caso di nuove restrizioni dovute all’evolversi della pandemia.
Questa scelta ha effetti anche sull’ambiente, con una riduzione dei consumi e dell’inquinamento legati agli spostamenti, e sulle comunità, consentendo un decentramento dei talenti sul territorio prima impensabile e permettendoci di reclutare professionisti ovunque essi si trovino.
Che suggerimenti daresti alle aziende che vogliono introdurre la cultura dello smart working?
Non credo che esista una ricetta magica e che soluzioni adottate con successo in un contesto siano altrettanto valide altrove. Non credo sia necessario che tutte le aziende diventino agili/digital né che si prestino ad accogliere favorevolmente la cultura dello smart working.
Ma, se qualcosa non sta funzionando, se si vogliono ottenere risultati diversi, allora bisogna esser pronti ad adottare soluzioni nuove, a sperimentare, ponendosi degli obiettivi da validare e verificare. Consiglierei di osservare il contesto, ascoltare le esigenze dei propri stakeholder e provare, scientificamente provare.
Questa è la cultura dell’adattamento, che non necessariamente porterà allo smart working ma sicuramente alla sopravvivenza.
Perché avete scelto Creative Harbour come esperienza di smart working per le vostre persone?
In primo luogo perché volevamo ampliare l’accessibilità al WoW per le nostre persone.
Avevamo di fatti verificato come si fosse più facilmente propensi ad organizzarsi per lavorare da Home o da Office, riconoscendone quindi più chiaramente relativi benefici e vantaggi, e si considerasse l’Anywhere come qualcosa di inarrivabile.
Troviamo che Creative Harbour sia un’iniziativa che, per come è organizzata e pensata, dà “coraggio”, ossia mette nelle condizioni “safe” di sperimentare lo smart working from anywhere. Questo principalmente perché offre contestualmente:
- la “facile” opportunità di accedere al lavoro da Anywhere nella modalità più completa e sicura possibile per chi non ha consolidate esperienze da viaggiatore né tantomeno da nomade digitale
- l’atterraggio in un contesto dove le nostre persone possono incontrare una community di smart worker, lavoratori che, come loro, hanno compiuto questa scelta, amplificando quindi l’opportunità di crescita che un’esperienza fuori porta offre
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